Neurologico

Le paralisi cerebrali infantili (PCI) è il termine che si utilizza per una serie di disturbi permanenti del movimento e della postura legati ad una lesione non progressiva al cervello immaturo del feto/neonato/lattante. Possiamo dedurre che il problema all’encefalo può insorgere prima del parto o chiamato anche causa prenatale (fattori genetici, gestosi, infezioni materne), durante o perinatale (ipossia, ischemia, parto difficoltoso) o dopo il parto o chiamato anche postnatale (meningoencefaliti, arresto cardio-circolatorio, convulsioni, trauma cranico). Le PCI, quindi, sono alterazioni permanenti del sistema nervoso centrale (SNC) non da considerarsi stabili poiché variano in base al luogo del danno, all’estensione ma si può modificare grazie agli input che noi terapisti possiamo dare al cervello dei bimbi poiché il cervello di bambini molto piccoli riesce a riorganizzarsi e modellarsi nuovamente grazie a dei processi di plasticità cerebrale. Il disturbo motorio è la principale manifestazione della PCI ma ci possono essere anche altre strutture coinvolte come il sistema percettivo, sensoriale, cognitivo, comunicativo, epilessia, comportamentali e problemi muscoloscheletrica secondari.

L’incidenza delle PCI è di 2-3 casi ogni 1000 nati con maggior incidenza nei bambini nati prematuri quindi sotto la 32 settimana di gestazione (SDG) e nei bambini nati con peso inferiore a 1500g.

Le PCI possono essere classificate in vari modi ma Hagberg ha creato una classifica in base alla sede topografica e al disturbo motorio prevalente:

Forme spastiche: i bambini presentano un aumento del tono muscolare e possono essere classificate in:

Diplegia: forma più frequente di PCI, 40% dei bambini nati pretermine sotto le 30 SDG che causano infarti emorragici periventricolare associati ad emorragie intraventricolari dovuti alla non maturità del sistema di coagulazione e fragilità capillare (leucomalacia periventricolare). Può coinvolgere anche bambini nati a termine per problematiche genetiche, problemi di malformazione, sofferenza di tipo anossico-ischemico. Sono maggiormente coinvolti gli arti inferiori. Diagnosi clinica: movimenti generali del neonato (GMs) alterati con repertorio povero soprattutto agli arti inferiori. I segnali d’allarme solitamente si hanno nei primi 4/6 mesi per un ritardo generale con povertà di movimento.

Emiplegia: chiamata anche forma spastica unilaterale. Nella clinica possiamo vedere una alterazione di un emisoma (una metà del corpo destro o sinistro) dove la compromissione motoria può prevalere l’arto superiore o inferiore. I segni sono la debolezza muscolare del lato colpito, asimmetria tra le due parti del corpo, disturbi sensoriali e percettivi. Come segni neurologici ci sono: riduzione della mobilità e forza, anomalie del tono muscolare, anomalie della postura, modifiche biomeccaniche del muscolo, alterazione dell’accrescimento osseo, scoliosi.

70% dei casi sono per causa prenatale (leucomalacia periventricolare e infarti fetali), il 15% in epoca perinatali e gli altri invece postnatale come con infezione o traumi ma sono in diminuzione. L’emiplegia rappresenta il 33-35% di tutte le PCI. Si riscontra maggiormente nel sesso maschile e nell’emisoma destro.

Tetraplegia: gli arti superiori e inferiori sono interessati in egual modo con compromissione motoria, e non solo, oppure gli arti superiori sono più compromessi. Si ha maggiormente una spasticità posturale, in posizione supina c’è la tendenza ad avere un atteggiamento in flessione dei 4 arti.

Questa è la forma più grave di PCI per basso livello di autonomia motoria, ritardo mentale, deficit sensoriali ed epilessia; possono insorgere anche problemi nell’alimentazione.

Forma spastica bilaterale: difficoltà nelle competenze antigravitarie con povertà di movimento e scarsa modulazione del movimento con monotonia del movimento. Caratterizzato da ipertonia che può essere di forma grave, moderata o mista in base se presente in tutti i distretti corporei, solo distali o se presentano distonie. È una tetraparesi che rappresenta il 7% delle PCI.

Forme atassiche: è prevalente il disturbo dell’equilibrio e della coordinazione. Il sintomo prevalente è l’ipotonia e la disorganizzazione posturale causato da una lesione cerebellare o delle vie cerebellari. Rappresenta il 10% delle PCI. Di solito si scopre in modo tardivo per non acquisizione delle tappe dello sviluppo e ipotonia muscolare.

Forme discinetiche: rappresentato da continui cambiamenti del tono muscolare e da movimenti involontari.

Il trattamento delle PCI prevede un intervento multidisciplinare che coinvolge più professionisti tra cui fisioterapista, logopedista, ergoterapista, neuropsichiatra infantile, pediatra, ortopedico pediatrico, psicologo e ultimo ma non meno importante la famiglia del paziente.

Sindrome di Down:

Presenza parziale o totale di un cromosoma 21 in sovrannumero. Piu’ comune anomalia genetica solitamente associata ad un ritardo della capacità cognitiva e nella crescita fisica

Origine genetica spesso influenzata da una gravidanza in età superiore della madre di 35 anni

Obiettivi del trattamento: lavorare per migliorare la qualità di vita e aiutare la famiglia nelle attività della vita quotidiana

Sindorme XYY:

Anomalia genetica in cui il soggetto maschile presenta un cromosoma Y in eccesso ed è caratterizzata da una disabilità intellettiva e motoria, altezza superiore alla media

Origine genetica dovuta ad un difetto nella divisione cellulare, diagnosi effettuata tramite l’analisi del cariotipo

Obiettivi del trattamento: lavorare sui deficit motori e posturali al fine di ridurre le problematiche in ambito familiare e migliorare la qualità di vita della persona secondo le esigenze personali

Sindorme di Turner:

Sindrome genetica in cui in ambito femminile è assente in parte o del tutto il cromosoma X. Si presenta con assenza di ciclo mestruale, assenza di mammelle e infertilità. Si possono verificare anche problematiche cardiache e tiroidee oltre a deficit di visione spaziale

Ha un’origine genetica dovuta ad un’alterazione cromosomiale dovuta ad una problematica nella riproduzione cellulare dei gameti materni (ovogenesi)

Sindrome di Ehlers-Danlos:

Patologia caratterizzata da un’iperlassità di legamenti ed anche del tessuto cutaneo. Al momento è classificata in 6 sottotipi piu’ comuni. I soggetti colpiti da questa sindrome presentano un rischio piu’ alto di infortunarsi ( in particolare lussazioni e distorsioni), un rischio maggiore di andare incontro ad un’artrosi precoce, ipotonia della muscolatura con mialgie frequenti e presenza di scoliosi. La debolezza del tessuto connettivo puo’ interessare anche i vasi sanguinei con problematiche anche a livello cardiaco

L’origine è un problema nel difetto della sintesi di un collagene e altre proteine principali del tessuto connettivo. Si trasmette per via genetica

La fisioterapia puo’ intervenire con esercizi attivi di forza, equilibrio e propriocezione al fine di ridurre ( per quanto possibile) i rischi di infortuni e di recuperare e mantenere allenata il piu’ possibile la muscolatura. Puo’ inoltre lavorare sia attivamente che passivamente per ridurre la scoliosi

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